E lì è sepolto nel piccolo cimitero russo di "Saint Gènevieve Des Bois" a "Parigi" .
«La danza è tutta la mia vita. Esiste in me una predestinazione che non tutti hanno. Devo portare fino in fondo questo destino. È la mia condanna, forse, ma anche la mia felicità. Se mi chiedessero quando smetterò di danzare, risponderei: quando smetterò di vivere».
Rudolf Nureyev, l’ indimenticabile ballerino, era nato il 17 marzo 1938 su un treno in una regione del lago di Baikal, durante un viaggio che la madre aveva intrapreso per raggiungere il marito a Vladivostock (che vi si era trasferito per ragioni di lavoro).
Il suo grande talento, come ballerino, gli venne immediatamente riconosciuto in una scuola di danza nel 1955, a 17 anni, quindi giovanissimo.
Scriveva:
“Io ballavo ed ero con l’universo tra le mani, e mentre ero a scuola, studiavo, aravo i campi alle sei del mattino, la mia mente sopportava perché era ubriaca del mio corpo che catturava l’aria.
Ero povero, e sfilavano davanti a me ragazzi che si esibivano per concorsi, avevano abiti nuovi, facevano viaggi. Non ne soffrivo, la mia sofferenza sarebbe stata impedirmi di entrare nella sala e sentire il mio sudore uscire dai pori del viso. La mia sofferenza sarebbe stata non esserci, non essere lì, circondato da quella poesia che solo la sublimazione dell’arte può dare. Ero pittore, poeta, scultore. Il primo ballerino dello spettacolo di fine anno si fece male. Ero l’unico a sapere ogni mossa perché succhiavo, in silenzio ogni passo. Mi fecero indossare i suoi vestiti, nuovi, brillanti e mi dettero dopo tredici anni, la responsabilità di dimostrare. Nulla fu diverso in quegli attimi che danzai sul palco, ero come nella sala con i miei vestiti smessi. C’ero e mi esibivo, ma era danzare che a me importava. Gli applausi mi raggiunsero lontani. Dietro le quinte, l’unica cosa che volevo era togliermi quella calzamaglia scomodissima, ma mi raggiunsero i complimenti di tutti e dovetti aspettare. Il mio sonno non fu diverso da quello delle altre notti. Avevo danzato e chi mi stava guardando era solo una nube lontana all’orizzonte. Da quel momento la mia vita cambiò, ma non la mia passione ed il mio bisogno di danzare. Continuavo ad aiutare mio padre nei campi anche se il mio nome era sulla bocca di tutti. Divenni uno degli astri più luminosi della danza.”
Grazie alla sua amica e compagna di molte esibizioni, la ballerina inglese Margot Fonteyn, venne introdotto al Royal Ballet di Londra : insieme reinterpretarono alcuni balletti fondamentali, come il Lago dei cigni e Giselle.
E’ il personaggio che ha rivoluzionato il ruolo maschile nella danza. Nureyev era dotato di talento, bellezza e fascino riconosciuti da tutti. Continuò a ballare anche dopo aver compiuto quarant’anni, interpretando sempre ruoli da protagonista nei grandi balletti classici.
Il 5 novembre di venti anni fa all’Opéra di Parigi andava in scena la “Bayadère”, l’addio al pubblico di Rudolf Nureyev.
Ballerino carismatico, leggenda del 900, coreografo, a lungo direttore del balletto parigino, Nureyev riceveva il suo ultimo applauso.
Mi piace ricordarlo così ..
«Agile come un folletto, vertiginoso come una trottola, apparentemente quasi infantile, di un’eleganza che non è mai leziosa, egli è un Romeo di cui non si potrebbe immaginare l’eguale».
(E.M)
“Io imparavo a danzare e danzavo perché mi era impossibile non farlo, mi era impossibile pensare di essere altrove, di non sentire la terra che si trasformava sotto le mie piante dei piedi, impossibile non perdermi nella musica, impossibile non usare i miei occhi per guardare allo specchio, per provare passi nuovi. Ogni giorno mi alzavo con il pensiero del momento in cui avrei messo i piedi dentro le scarpette e facevo tutto pregustando quel momento. E quando ero lì, con l’odore di canfora, legno, calzamaglie, ero un’aquila sul tetto del mondo, ero il poeta tra i poeti, ero ovunque ed ero ogni cosa … Ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare…
E’ la legge dell’amore: si ama perché si sente il bisogno di farlo, non per ottenere qualcosa od essere ricambiati, altrimenti si è destinati all’infelicità. Io sto morendo, e ringrazio Dio per avermi dato un corpo per danzare cosicché io non sprecassi neanche un attimo del meraviglioso dono della vita… “
RUDOLF NUREYEV
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