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23 marzo 2013

“Trilussa”

Probabilmente, oggi, nessuno ricorderebbe più i versi leggiadri e simpatici della “Farfalletta” di “Luigi Sailer” se, nel 1917, “Carlo Alberto Salustri”, pseudonimo di Trilussa, non ne avesse composto, per l'attrice Dina Galli, la continuazione che prese definitivamente il nome di “Vispa Teresa”.
Ecco quella di Luigi Sailer, il poeta più famoso e insieme meno conosciuto della letteratura italiana. Questa sua poesia invece è conosciutissima e amatissima.

La “Vispa Teresa” o “Farfalletta” 
La vispa Teresa
avea tra l'erbetta
a volo sorpresa
gentil farfalletta
e tutta giuliva,
stringendola viva,
gridava a distesa:
"L'ho presa! L'ho presa!"
A lei supplicando
l'afflitta gridò:
"Vivendo, volando,
che male ti fo'?"
Tu sì mi fai male
stringendome l'ale.
Deh, lasciami: anch'io
son figlia di Dio."
Confusa, pentita,
Teresa arrossì:
dischiuse le dita
e quella fuggì.

Trilussa (Roma, 1871-1950) - ne compose, nel 1917, una spiritosa continuazione dove Teresa, dopo una vita allegra e disinvolta, invecchia dietro un banco di tabaccheria e, divenuta devota … ma leggiamola insieme ..


“La vispa Teresa” di Trilussa (1917)

Se questa è la storia che sanno a memoria
i bimbi di un anno, pochissimi sanno
che cosa le avvenne quand'era ventenne.
Un giorno di festa la vispa Teresa uscendo di chiesa
si alzava la vesta per farsi vedere  le calze “chiffonne”
che a tutte le donne fa molto piacere.
Armando il pittore vedendola bella le chiese il favore
di far da modella. Teresa arrossì  ma disse di sì.
"Verrete?" - "Verrò : ma badi però..." "Parola d'onore!"
rispose il pittore. Il giorno seguente Armando l'artista
stringendo furente la nuova conquista gridava a distesa
"T'ho presa t'ho presa!" A lui supplicando Teresa gridò
"Su su mi fai male la spina dorsale:mi lasci che anch'io
son figlia di Dio... Se ha qualche programma parli alla
mamma..."
A tale minaccia Armando tremò dischiuse le braccia …
ma quella restò. Perduto l'onore sfumata la stima ..
la vispa Teresa più vispa di prima per niente pentita
per niente confusa capì che l'amore non è che una scusa.
Per circa tre lustri fu cara a parecchi: fra giovani e vecchi
oscuri ed illustri la vispa Teresa fu presa e ripresa.
Contenta e giuliva s'offriva e soffriva.
(La donna che s'offre .se apostrofa l'esse  ha tutto interesse
a dire che soffre.)
Ma giunta ai cinquanta con l'anima affranta col viso un po'
tinto col resto un po' finto per torsi d'impaccio
dai prossimi acciacchi apriva uno spaccio di Sali e tabacchi.
Un giorno un cliente chiedendo un toscano …le porse la
mano  così... casualmente. Teresa la prese la  strinse e
gli chiese: "Mi vuole sposare? Farebbe un affare!"
Ma  lui  di  rimando  rispose: "No no! Vivendo e fumando
che male ti fo'?  Confusa e pentita Teresa arrossì ..
Dischiuse le dita e quello fuggì. Ed  ora Teresa  pentita
davvero  non ha che un pensiero: d'andarsene in chiesa.
Con l'anima stracca si siede e stabacca offrendo al Signore
gli avanzi di un cuore che batte la fiacca.
Ma spesso fissando con l'occhio smarrito la polvere gialla
che resta sul dito le sembra il detrito di quella farfalla
che un giorno ghermiva stringendola viva.
Così come allora Teresa risente  la voce innocente che
prega ed implora:  "Deh lasciami! Anch'io son figlia di Dio!"
"Fu proprio un bel caso!" sospira Teresa fiutando la presa
che sale nel naso.  "Se qui non son lesta mi scappa anche
questa." E fiuta e rifiuta  tossisce e sternuta: il naso è una
tromba che squilla e rimbomba e pare che l'eco si butti
allo spreco... Tra un fiotto e un rimpianto tra un soffio …
e un eccì  la vispa Teresa  .... . . . . . . . . . . . . . . .
lasciamola lì.


Alcune curiosità
Il Presidente della Repubblica “Luigi Einaudi”
nominò “Trilussa” senatore a vita il 1° dicembre 1950,
venti giorni prima che egli morisse.
Già da tempo malato, ma con immutata ironia,
il poeta commentò:
"M'hanno nominato senatore a morte". 
“Trilussa” fu uno dei più grandi poeti
dialettali comparsi sulla scena dall' Ottocento in poi,
nell'ambiente romano, ed  ideò un linguaggio ancor
più prossimo all'italiano nel tentativo di portare
il vernacolo verso l’alto. 
Trilussa alla Roma popolana, sostituì quella borghese,
alla satira storica l'umorismo della cronaca quotidiana.
Lo pseudonimo Trilussa non è altro che l'anagramma
del suo cognome: “Salustri Carlo Alberto”....


" L'uccelletto in chiesa " di Trilussa”  è un sonetto o poesia : la divertente brevissima storia di un uccelletto ferito che si rifugia in una chiesa e di una serie di malintesi che ne seguono ed è recitata dal grandissimo Andrea Bocelli, cantante di fama mondiale .. ascoltiamola ..


L'uccelletto di Trilussa
Era d'Agosto e il povero uccelletto
Ferito dallo sparo di un moschetto
Andò per riparare l'ala offesa,
a finire all'interno di una chiesa.
Dalla tendina del confessionale
Il parroco intravvide l'animale
Mentre i fedeli stavano a sedere
Recitando sommessi le preghiere.
Una donna che vide l'uccelletto
Lo prese e se lo mise dentro il petto.
Ad un tratto si sentì un pigolio
Pio pio, pio pio, pio pio.
Qualcuno rise a sto cantar d'uccelli
E il parroco, seccato urlò: "Fratelli!
Chi ha l'uccello mi faccia il favore
Di lasciare la casa del Signore!"
I maschi un po' sorpresi a tal parole
Lenti e perplessi alzarono le suole,
ma il parroco lasciò il confessionale
e: "Fermi - disse - mi sono espresso male!
Tornate indietro e statemi a sentire,
solo chi ha preso l'uccello deve uscire!"
a testa bassa e la corona in mano,
le donne tutte usciron pian piano.
Ma mentre andavan fuori gridò il prete:
"Ma dove andate, stolte che voi siete!
Restate qui, che ognuno ascolti e sieda,
io mi rivolgo a chi l'ha preso in chiesa!"
Ubbidienti in quello stesso istante
le monache si alzarono tutte quante
e con il volto invaso dal rossore
lasciarono la casa del Signore.
"Per tutti i santi - gridò il prete -
sorelle rientrate e state quiete.
Convien finire, fratelli peccatori,
l'equivoco e la serie degli errori :
esca solo chi è così villano
da stare in chiesa con l'uccello in mano.
Ben celata in un angolo appartato
Una ragazza col suo fidanzato,
in una cappelletta laterale,
ci mancò poco si sentisse male
e con il volto di un pallore smorto
disse: "Che ti dicevo? Se n'è accorto!"   
                                                             

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