Siamo così immersi in una specie di letargo che porta "all’ anestesia dell’ anima e delle coscienze" con conseguenze dissociative della personalità molto pericolose.
Camminare sulle proprie gambe e con i propri piedi "apre la mente" e fa riacquistare al nostro cervello quella condizione ideale che permette al pensiero di liberarsi della zavorra delle situazioni contingenti della vita quotidiana.
Tutto questo serve per elevarsi in una dimensione superiore,nella quale ci si riqualifica, si riesce ad apprezzare il vuoto come condizione umana, ci si può finalmente guardare intorno per cercare l’ anima dei luoghi e "ritrovare i luoghi dell’ anima".
Al vero "Gabbiano Jonathan Livingston"
che vive in ognuno di noi.
“Non dar retta ai tuoi occhi, e non credere a quello che vedi. Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola”.
Il gabbiano Jonathan ci vuole far capire che se abbiamo fiducia in noi stessi anche gli obiettivi che sembrano più impossibili possono essere raggiunti. Il segreto per riuscirci è soltanto uno: crederci. Anzi, occorre comportarsi come se l’obiettivo che vogliamo raggiungere sia già a portata di mano, sia già raggiunto. Non omologarsi per paura della solitudine e credere in se stessi per progredire.
Il cammino, anche senza meta, è, infatti, un importantissimo valore fisico e morale.
Riscoprendo questo bisogno si procura un vantaggio igienico a tutto il corpo che riattiva il proprio metabolismo, e si procura, nel contempo, un notevole vantaggio morale che consente al pensiero di "volare sulle ali di sempre del bello, del giusto e del vero".
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